lunedì 10 ottobre 2011

Sentenza contro il Comune di Vodo di Cadore in merito al Piano Casa

Di seguito Vi pubblico la sentenza emessa dal TAR contro il Comune di Vodo di Cadore in merito al tema "prima casa" del Piano Casa della Regione Veneto.


N. 01371/2011 REG.PROV.COLL.


N. 02292/2010 REG.RIC



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
nel giudizio, introdotto con il ricorso 2292/10, proposto da Silvestro Roilo, rappresentato e difeso dagli avv. ti Ghezze e Perulli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia Mestre, via Torino 186; 
contro
il Comune di Vodo di Cadore, in persona del sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
la Regione Veneto, in persona del presidente pro tempore, non costituita in giudizio; 
per l'annullamento
a) del provvedimento 4 ottobre 2010, n. 4219, con il quale il Comune di Vodo di Cadore ha comunicato al ricorrente che non si poteva dare corso alle opere previste in denuncia di inizio attività 1 gennaio 2010 n. 4154;
b) della deliberazione 4 novembre 2009, n. 8, del commissario prefettizio nella parte in cui dispone che, in Comune di Vodo di Cadore, la normativa di cui agli artt. 2, 3 e 4 della l.r. 14/09 non trova applicazione per la prima casa di abitazione.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2011 il cons. avv. Gabbricci e udito l’avv. Bonifacio, in sostituzione dell’avv. Perulli per il ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1.1. Silvestro Roilo è proprietario a Vodo di Cadore (Belluno) di un edificio a destinazione residenziale (censito a fg. 16, mapp. 106, sub 7) per il quale presentò, nel gennaio 2010, una domanda di ampliamento, nei limiti del venti per cento del volume, secondo quanto consentito dall’art. 2, I comma, della l.r. 8 luglio 2009, n. 14, nota come “piano casa”.
1.2. L’Amministrazione respinse tuttavia la richiesta con il provvedimento 4 ottobre 2010, n. 4219, opponendo che il Comune di Vodo, con deliberazione 4 novembre 2009, n. 8, del commissario prefettizio, aveva deciso di non applicare costì le disposizioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 della l.r. 14/09, anche con riferimento alla prima casa d’abitazione, come quella del Roilo, e ciò in asserita conformità del disposto di cui all’art. 9, V comma, della stessa l.r. 14/09, per cui “i comuni entro il termine del 30 ottobre 2009 deliberano, sulla base di specifiche valutazioni di carattere urbanistico, edilizio, paesaggistico ed ambientale, se o con quali ulteriori limiti e modalità applicare la normativa di cui agli articoli 2, 3 e 4”.
1.3. Il diniego e l’atto presupposto sono stati allora impugnati dal Roilo con il ricorso in esame; nel susseguente giudizio né il Comune né la Regione si sono costituiti, sebbene ritualmente evocati.
1.4. Con l’ordinanza cautelare 31/11 la Sezione ha sospeso in parte qua la deliberazione commissariale, nonché, per l’effetto, il diniego, restituendo così piena efficacia alla denuncia d’inizio attività presentata, ritenendo “persuasiva l’interpretazione sostenuta da parte ricorrente, per cui le disposizioni, di cui agli artt. 2, 3 e 4 della l.r. 14/09, riferite alla prima casa di abitazione, non sono soggette al potere interdittivo comunale, di cui all’art. 9 l.r. cit.”.
2.1. Il primo motivo di ricorso è rubricato nella violazione degli artt. 2, 3 e 9, commi 3 4 e 5 della citata l.r. 14/09: secondo il ricorrente, per vero, alle Amministrazioni comunali non sarebbe comunque consentito di disapplicare la l.r. 14/09 quanto alle prime case di abitazione.
2.2. Orbene, per stabilire la fondatezza della censura bisogna anzitutto rammentare come l' art. 2 della ripetuta l.r. 14/09 stabilisca, al I comma, che, in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali, "è consentito l'ampliamento degli edifici esistenti nei limiti del 20 per cento del volume se destinati ad uso residenziale e del 20 per cento della superficie coperta se adibiti ad uso diverso"; il seguente V comma consente ulteriori incrementi in ipotesi peculiari, mentre i commi intermedi fissano regole puntuali per la pratica realizzazione degli stessi ampliamenti.
2.3. A sua volta, il successivo art. 9, intitolato all'ambito di applicazione, prevede anzitutto al I comma per quali categorie di edifici non siano consentiti gli interventi di ampliamento (in estrema sintesi: edifici da demolire, ricadenti nei centri storici, in aree inedificabili, sottoposti a vincoli ovvero a particolari destinazioni), fissando poi, al comma seguente, il principio che gli ampliamenti sono consentiti esclusivamente su aree che abbiano una destinazione d’uso compatibile con quella dell’edificio da ampliare.
2.4. D'immediato rilievo, nella fattispecie, è invece quanto stabilito dal seguente III comma, per il quale "Gli interventi di cui agli articoli 2 e 3 che riguardano la prima casa di abitazione si applicano, fermo restando quanto previsto dai commi 1 e 2, sin dall’entrata in vigore della presente legge"; mentre, a sua volta, il IV comma dispone che gli interventi de quibus "sono subordinati all'esistenza delle opere di urbanizzazione primaria ovvero al loro adeguamento in ragione del maggiore carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume o di superficie degli edifici esistenti": ad esclusione, peraltro, "degli interventi realizzati sulla prima casa di abitazione" (sulla relativa definizione, cfr. art. 8 l.r. 9 ottobre 2009, n. 26).
2.5. Ancora, il V comma stabilisce, come già visto, che "Fermo restando quanto previsto dai commi 1, 2, 3 e 4, i comuni entro il termine del 30 ottobre 2009 deliberano, sulla base di specifiche valutazioni di carattere urbanistico, edilizio, paesaggistico ed ambientale, se o con quali ulteriori limiti e modalità applicare la normativa di cui agli articoli 2, 3 e 4": le cosiddette linee guida.
Inoltre, il VII comma stabilisce che “Le istanze relative agli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4 devono essere presentate entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge ed i relativi interventi, ad esclusione di quelli sulla prima casa di abitazione, non possono iniziare prima del decorso del termine di cui al comma 5 e comunque non prima del rilascio del titolo edilizio ove previsto”.
2.6.1. Da ultimo la l.r. 8 luglio 2011, n. 13, ha introdotto rilevanti modifiche alla l.r. 14/09.
In particolare, l’art. 8, oltre a prorogare l’efficacia della l.r. 14/09 sino al 30 novembre 2013, ha stabilito la cessazione dell’efficacia delle precedenti deliberazioni comunali, approvate ex art. 9, V comma, prima ricordato, ed ha previsto che i comuni, entro il 30 novembre 2011, possono nuovamente deliberare limiti e modalità per gli articoli 2 e 3 della l.r. 14/09, e ciò anche con riferimento a “edifici residenziali non destinati a prima casa di abitazione, così come definita dall’articolo 8 della legge regionale 9 ottobre 2009, n. 26, come modificato dalla presente legge”.
2.6.2. Com’è evidente, dunque, il legislatore regionale, escludendo che la deliberazione comunale si possa occupare delle prime case di abitazione, avalla implicitamente, anche quanto alla disciplina antecedente alla novellazione, l’interpretazione proposta dal ricorrente: che, comunque, il Collegio ritiene l’unica sostenibile anche con riguardo alla disciplina precedente, vigente nel momento in cui sono stati assunti i provvedimenti gravati.
3.1. Invero, è anzitutto evidente come la l.r. 14/09 abbia introdotto una distinta disciplina degli ampliamenti per le prime case d’abitazione, i quali si sono potuti effettuare sin dall’entrata in vigore della legge (art. 9, III comma): dunque, senza attendere l’approvazione comunale delle linee guida, e senza essere ostacolati dal maggior carico urbanistico da essi determinato (IV comma).
3.2. La specialità della disciplina è poi ribadita dalla riserva iniziale contenuta nel testo originario dell’art. 9, V comma, il quale conferma i limiti, stabiliti dalla stessa legge regionale, al possibile contenuto della disciplina attuativa comunale: e se ciò appare evidente per i richiami ai precedenti commi I, II e IV, lo è anche per quello al III comma.
Invero, se non è necessario attendere l’introduzione delle disposizioni applicative comunali per ampliare la propria prima casa d’abitazione, ciò può trovare ragionevole giustificazione soltanto perché tali disposizioni, se e quanto approvate, non potranno disciplinare, e tanto meno impedire, questi interventi.
3.3. Se si negasse tale conclusione, infatti, si dovrebbe ritenere che tali interventi, dapprima realizzabili e presuntivamente legittimi, possono cessare di esserlo, dopo l’approvazione delle disposizioni comunali: e ciò anche in corso d’opera, con le intuitive difficoltà in caso di varianti.
Si creerebbe in tal modo una disparità di trattamento, in presenza di presupposti che possono essere del tutto identici, dove l’unico fattore discriminante è costituito dal momento di presentazione dell’istanza, premiando così la maggiore reattività del singolo proprietario: senza dire che il termine della durata di ventiquattro mesi per presentare l’istanza verrebbe così di fatto disapplicato, giacché ciascuno dovrebbe precipitarsi a presentare la propria domanda.
3.4. Si aggiunga che, comunque, anche gli interventi sulla prima casa non sono liberi, ma trovano una serie di limitazioni, o, comunque, una sufficiente disciplina, nelle disposizioni della stessa l.r. 14/09; mentre il favor che l’ordinamento giuridico ha per la prima casa di abitazione (si pensi alle norme fiscali in materia), conforta l’interpretazione sin qui seguita.
4.1. In conclusione, dunque, agli ampliamenti della prima casa d’abitazione non si sono mai applicate le previsioni integrative di cui all’art. 9, V comma, l. 14/09: la "prima casa" segna, insomma, il limite della competenza comunale, nel senso che il legislatore regionale l'ha assoggettata esclusivamente alla disciplina di cui alla l.r. 14/09, la quale non può essere modificata dall’Ente territoriale con propri atti regolamentari, per cui la prima casa gode sempre dell'immediata ed integrale applicazione della stessa l.r. 14/09.
4.2. Il provvedimento 4 ottobre 2010, n. 4219, del Comune di Vodo di Cadore va pertanto annullato, mentre, quanto alla deliberazione 4 novembre 2009, n. 8, il ricorso va dichiarato in parte qua improcedibile avendo quella ormai cessato la propria efficacia, ex art. 8, II comma, l.r. 13/11.
5. La novità della questione impone la parziale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento 4 ottobre 2010, n. 4219, del Comune di Vodo di Cadore, in epigrafe impugnato.
Compensa le spese di giudizio tra le parti in ragione della metà, e condanna l’Amministrazione comunale resistente alla rifusione del residuo, che liquida in € 1.800,00 per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio addì 16 giugno 2011 con l'intervento dei signori magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere, Estensore
Marina Perrelli, Referendario




L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/09/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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