giovedì 24 febbraio 2011

TAR Veneto - Sentenza Piano Casa - Comune di Torreglia - Ampliamento a destinazione commerciale


N. 00186/2011 REG.PROV.COLL.
N. 02242/2010 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA ex artt. 60 c.p.a..; 
sul ricorso numero di registro generale 2242 del 2010, proposto dalla Serena Srl. e dalla Carlevari Srl, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentate e difese dagli avv. Gianni Bessega e Laura Paglia, con domicilio ex lege (art. 25 c.p.a.) presso la Segreteria di questo T.A.R.;
contro
il Comune di Torreglia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Dal Prà, con domicilio ex lege (art. 25 c.p.a.) presso la Segreteria di questo T.A.R.;
per l'annullamento del provvedimento comunale, prot. n. 7258 dell’8 settembre 2010, con il quale è stata rigettata la domanda di costruire per l'ampliamento di un immobile a destinazione commerciale e di ogni altro atto conseguente, connesso o presupposto, tra cui, in particolare, della comunicazione dei motivi ostativi
all'accoglimento dell’istanza, nota prot. n. 4074 del 17 agosto 2010 nonché per la condanna al risarcimento del danno.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Torreglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2011 la dott.ssa Brunella Bruno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.;
Richiamato in fatto quanto esposto nel ricorso e dalle parti nei loro scritti difensivi.
Considerato:
che l’impugnazione della nota, prot. n. 4074 del 17 agosto 2010, con la quale sono stati comunicati i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza è inammissibile, non sussistendo alcun serio interesse all'impugnazione di un atto che, con ogni evidenza, ha carattere endoprocedimentale ed è privo di efficacia lesiva (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 02 luglio 2009, n. 6418);
che è infondata l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse, sollevata dalla difesa dell’amministrazione resistente nel corso della discussione in udienza, a motivo dell’omessa tempestiva impugnazione della deliberazione del Consiglio Comunale n. 38 del 29 ottobre 2009, adottata ai sensi dell’art. 9, comma 5 della l.r. n. 14 del 2009, con la quale l’applicazione dell’art. 2 della suddetta legge regionale è stata esclusa in relazione agli edifici produttivi esistenti in zona impropria, in quanto già oggetto di ampliamento ex art. 126 della l.r. n.61 del 1985;
che, infatti, non emerge la sussistenza di alcun onere in capo alla ricorrente di procedere all’impugnazione della prefata deliberazione del Consiglio Comunale in
quanto non applicabile alla fattispecie, in considerazione del carattere non produttivo bensì commerciale dell’immobile de quo;
che la prima censura, con la quale è stata dedotta la violazione ed erronea applicazione dell’art. 2 della l.r. n. 14 del 2009, delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Torreglia e della deliberazione del Consiglio Comunale n. 38 del 29 ottobre 2009 nonché il vizio di eccesso di potere, a motivo della sussistenza della conformità urbanistica, è infondata;
che, infatti, pur escludendo l’applicazione nella fattispecie oggetto di giudizio della deliberazione del Consiglio Comunale sopra richiamata, in quanto riferita ad immobili produttivi e non commerciali, il provvedimento di rigetto assume a proprio fondamento anche l’incompatibilità dell’attività oggetto della domanda di permesso di costruire con la Z.T.O. B2;
che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, ai sensi dell’art. 4.1.03 delle N.T.A. del P.R.G., nella Z.T.O. B2 – prevalentemente residenziale – è ammessa la destinazione a “magazzini, depositi, attività commerciali all’ingrosso c14) in quanto in essere e presenti alla data di approvazione del P.R.G. precedente, limitatamente alla dimensione attuale”;
che la suddetta previsione risponde alla ratio di assicurare lo sviluppo residenziale della zona, precludendo l’insediamento di nuove strutture o l’ampliamento di quelle esistenti destinate allo svolgimento di attività non coerenti con la destinazione residenziale, pur riconoscendo espressamente l’ammissibilità di quelle strutture già in essere, limitatamente alla dimensione attuale;
che, dunque, in applicazione dei criteri non solo letterale e sistematico ma anche teleologico, la suddetta previsione deve essere interpretata nel senso che l’ampliamento della superficie degli immobili destinati allo svolgimento di attività commerciali all’ingrosso non è compatibile con le caratteristiche della zona territoriale omogenea B2, trattandosi di attività situate in zona impropria;
che la suddetta preclusione discende dall’applicazione dell’art. 9, comma 2, della l.r. n. 14 del 2009, ai sensi della quale gli ampliamenti di cui all’art. 2 del medesimo testo legislativo “sono consentiti esclusivamente su aree che abbiano una destinazione compatibile con la destinazione dell’edificio da ampliare”;
che, come già affermato da questa Sezione nella sentenza del 4 giugno 2010, n.2385, la locuzione “in ogni caso” che figura nel secondo comma dell’art. 9 in esame, sta proprio a denotare che in tutte le ipotesi di ampliamento, per il solo fatto dell’estensione volumetrica dell’immobile ed a prescindere da ogni ulteriore considerazione, è imprescindibile la compatibilità urbanistica. Con tale limitazione, peraltro, il legislatore regionale ha inteso evidentemente evitare – in un’ottica di contemperamento delle esigenze sopra evidenziate con quelle di tutela e salvaguardia dell’assetto del territorio – che il regime straordinario introdotto possa incidere sulle scelte pianificatorie operate, andando ben oltre la finalità, esplicitata nell’art. 1 della l.r. n. 14 del 2009, del “miglioramento della qualità abitativa per preservare, mantenere, ricostituire e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente nonché per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e delle fonti di energia rinnovabili”;
che, dunque, la suddetta motivazione posta alla base del provvedimento gravato, è di per sé idonea a sorreggere ed a legittimare la determinazione assunta dall’amministrazione in quanto, come sopra esposto, riferita all’insussistenza della conformità urbanistica dell’intervento e non già, come sostenuto dalla difesa della ricorrente, all’applicazione degli indici edificatori in relazione ai quali opera, di regola, la deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali di cui all’art. 2, comma 1 della l.r. n. 14 del 2009;
che, per le suesposte considerazioni, si palesa infondata anche la seconda censura dedotta, con la quale è stata lamentata la violazione dell’art. 2 della l.r. n. 14 del 2009 nonché l’erronea e falsa applicazione delle N.T.A. del P.R.G. e della deliberazione del Consiglio Comunale n. 38 del 29 ottobre 2009;
che, infatti, come sopra evidenziato, la preclusione all’assentibilità dell’intervento edilizio de quo discende dal chiaro dettato dell’art. 9, comma 2 della l.r. n. 14 del 2009, sicché il provvedimento gravato è stato legittimamente assunto dall’amministrazione a prescindere da ogni considerazione riferita all’applicabilità della deliberazione del Consiglio Comunale sopra richiamata la quale ha costituito non già l’unico giustificativo posto a base del provvedimento di rigetto bensì un’argomentazione ulteriore;
che del pari infondato è il terzo motivo di ricorso con il quale è stata dedotta l’erronea e falsa applicazione dell’art. 10 bis nonché il vizio di eccesso di potere, a motivo della mancanza di una piena coincidenza tra il contenuto del preavviso di rigetto ed il provvedimento definitivo;
che, invero, come evidenziato dalla costante giurisprudenza condivisa dal Collegio, non deve sussistere necessariamente corrispondenza totale, tale da assurgere a condizione di legittimità del provvedimento finale, in ogni dettaglio tra il contenuto del preavviso di rigetto ed il successivo diniego, ben potendo l'amministrazione, sulla base delle osservazioni del privato, ma anche in via autonoma, precisare meglio le proprie posizioni giuridiche nell'atto di diniego, che assume, esso solo, natura di atto lesivo. La motivazione finale del provvedimento, infatti, può non essere pienamente sovrapponibile a quella riportata nel preavviso, che per sua natura si colloca in una fase endoprocedimentale nella quale l'Amministrazione può ancora non avere ben chiari gli esatti termini di quello che costituirà il sostrato motivazionale dell'atto terminale (in tal senso, Cons. St., sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6325; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 27 novembre 2009, n. 11946). Nella fattispecie in esame non emerge dallo sviluppo procedimentale alcuna sostanziale pretermissione del momento dialogico imposto dall'invocata norma dell'art. 10 bis, di talché la censura va respinta;
che, dunque, il ricorso va rigettato in quanto in parte inammissibile e per la parte residua infondato.
Sussistono giusti motivi, stante la novità delle questioni trattate, per integralmente compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara in parte inammissibile e per la parte residua lo rigetta..
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti, Presidente
Angelo Gabbricci, Consigliere
Brunella Bruno, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/02/2011
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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